Aiuto!!! (Il gruppo Whatsapp dei genitori) – Rubrica a cura di Jaia

Inizio oggi una piccola rubrica che proseguirà, ogni quindici giorni, uscendo al venerdì, fino alla fine dell’anno scolastico. Credo sia impossibile, infatti, affrontare il tema “Gruppo Whatsapp dei genitori” in un unico pezzo.
Tutti sappiamo cos’è; quasi tutti ne siamo membri; metà di noi lo vive con un certo fastidio, ma nonostante questo non ne esce; l’altra metà di noi lo vive come uno strumento utile attraverso il quale occuparsi dei propri figli.
Con percentuali un po’ diverse –credo- anche gli insegnanti sono divisi tra chi spera in frequenti whatapp down (diciamo un 70%) e chi, invece, lo considera una via semplice ed efficace per comunicare con i genitori (un ottimistico 30%).
Perché, però, questa rubrica la scrivo io? Innanzitutto, va da sè, perché me lo ha chiesto la Redazione; e credo che la Redazione me lo abbia chiesto perché ritiene che abbia le competenze psico-relazionali adeguate, se non adatte, a farlo. E forse anche perché, da mamma, ne faccio parte.
La ragione per la quale io ho accettato è che lo trovo un tema non banale e non piccolo, a dispetto della marginalità di un Gruppo Whatsapp rispetto alla vita quotidiana, ai suoi problemi, ai suoi bisogni, alle sue corse e alle sue soddisfazioni.
Come quasi ogni cosa, che sia positivo e negativo dipende dall’uso che se ne fa, tuttavia essendo che in genere le persone coinvolte sono dalle 25 alle 40 (quando entrambi i genitori ci stanno dentro), le dinamiche che si verificano e, diciamo così, la piega che prendono le conversazioni, tendono ad essere molto simili.
Due le costanti in particolare: le posizioni si irrigidiscono e in questo modo alcuni tendono ad assumere un ruolo quasi costante (il lamentoso, il barricadero, il paciere, il tollerante, …); si instaura un triangolo relazionale virtuale: bambini, che sono figli e insieme alunni-insegnanti-genitori.
Ho scritto virtuale perché è, a mio parere, questo l’aspetto che altera le dinamiche. Anche prima di Whatsapp e dei suoi gruppi, infatti, c’era il bambino che era figlio e alunno e c’era l’insegnante e c’era il genitore. Ciò che prima non c’era era un’arena virtuale che rende i genitori un soggetto unitario e talvolta indistinto, e dunque più indefiniti nella loro soggettività nel rapporto tra di loro e con l’insegnante.
Questo comporta da un lato il venir meno di molte mediazioni a monte, ossia di molti filtri (nel gruppo magari scrivo cose che se ci trovassimo tutti intorno ad una pizza, forse non direi… quindi il tono tende ad essere un po’ più esacerbato e carico della conversazione vis à vis) per cui facilmente una cosa che era piccola si gonfia; e dall’altro si ribalta l’asimmetria su cui l’istituzione è basata, ossia il fatto che dentro la scuola sono gli insegnanti ad avere l’autorità sui bambini. Che dentro la scuola sono alunni e non figli. Il gruppo whatsapp dei genitori rischia di minare non tanto l’autorità (che piaccia o no quella gli insegnanti ce l’hanno) ma l’autorevolezza il che è decisamente peggio. Non tanto per gli insegnanti, ma per i bambini.
Questo di oggi voleva essere solo una piccola introduzione al tema. Nel corso delle prossime settimane proporrò qualche riflessione su come il Gruppo Whatsapp dei genitori può interferire (nel bene e nel male) nel rapporto con il/la proprio/a figlio/a; su come può interferire (nel bene e nel male) nei rapporti tra genitori; su come può interferire (nel bene e nel male) nel rapporto con gli insegnanti.

dott.ssa Jaia Pasquini